Una luce per vedere le molecole

luce per vedere le mollecole

Siamo farti di piccoli mattoncini chiamati proteine. Ma mentre i mattoni delle case sono più o meno tutti uguali, quelli che formano il nostro organismo sono una famiglia numerosa: ne esistono almeno centomila tipi diversi. Di solito la loro forma determina la funzione.

La struttura delle proteine

E un po’ come il profilo di una chiave: basta che un dentino sia diverso e la serratura non si apre. La struttura di alcune proteine è nota. Da molti anni sappiamo come sono fatte l’emoglobina che ossigena il sangue, l’insulina che ci permette di assimilare gli zuccheri, la mioglobina che fa agire i muscoli. Ma nella maggior parte dei casi non abbiamo un’idea precisa di come le proteine siano fatte e quindi stentiamo a capire come svolgano il loro compito, e perché talvolta, a causa di qualche difetto nella loro struttura chimica, non lo svolgano affatto.

Conoscere la struttura delle proteine è importante per la medicina del futuro ed è l’obiettivo che attende i biologi dopo aver decifrato — per l’uomo e ormai per centinaia di altre forme viventi, animali e piante — la doppia elica del DNA, il “software” che guida la formazione delle proteine. Ma qual è lo strumento adatto per “venderle”? La risposta è: un microscopio. Ma un microscopio molto speciale. Grande come il quartiere di una città, costoso e complesso. E non assomiglia affatto a un microscopio. Infatti è un sincrotone. Oltre a quello inglese, l’Europa ne ha uno in Francia a Grenoble. ESRF, in funzione dal 1998: 30 linee che forniscono ai ricercatori 3500 ore all’anno di radiazione X per gli usi più diversi, dalla scienza dei materiali alla biologia.

Il sincrotrone italiano

Anche l’Italia ha il suo sincrotrone. Sta sulle montagne del Carso alle spalle di Trieste. Si chiama “Elettra”, come la nave-laboratorio di Guglielmo Marroni. Non a caso il suo relitto è conservato proprio qui, nell’Area di San Padriciano, dove oltre ad Elettra c’è anche un importante centro di ricerca biotecnologica. Un microscopio ha bisogno di luce. Quello ottico usa la luce a cui sono sensibili i nostri occhi, che ha una lunghezza d’onda compresi tra 0,4 e 0,8 millesimi di millimetro.

Se ciò che si vuole guardare è più piccolo di 0,4 millesimi di millimetro la luce non può illuminare l’oggetto della nostra curiosità e quindi non vedremo niente. Per questo con il microscopio ottico è difficile superare i mille ingrandimenti. Il microscopio elettronico illumina gli oggetti con fasci di elettroni e così può raggiungere ingrandimenti di centinaia di migliaia di volte. Esistono po’ microscopi particolari, a forza atomica e ad effetto tunnel.